Quando è cresciuta?

Quando è cresciuta?

Ogni sera dopo averle rimboccato le coperte le cantavo una canzoncina. Era una canzone sciocca, inventata, era la nostra canzone: “Rimani così piccola. Rimani così, piccola, piccola, piccola. Piccola rimani così, piccola rimani così.”
Lei rideva e io sorridevo. Poi al mattino le dicevo: “Ma guarda! Sei cresciuta! La canzone non ha funzionato!”
Le cantai quella canzone per anni e ogni volta che smettevo di cantare lei si metteva una mano sul cuore e prometteva di non crescere più.
Poi una sera smisi di cantare quella canzone, chissa perchè. Forse la porta della sua camera era chiusa. Forse stava studiando. Forse era al telefono. O forse mi resi conto che era ora di darle il permesso di crescere.
Ora mi sembra che la nostra canzone deve aver avuto qualcosa di magico perchè ogni sera che la cantavo lei rimaneva una bambina di … quattro, cinque, sei, sette, otto, nove, dieci anni. Tutti quegli anni mi sembravano uguali. Anche lei mi sembrava la stessa. Diventava più alta e i piedi le si allungavano, qualche dente cadeva e quelli nuovi crescevano, però ogni tanto bisognava ricordarle di lavarli, di pettinarsi e di fare la doccia.
Giocava con le bambole e il pongo e anche se ad un certo punto Barbie venne rimpiazzata dal Monopoli, al di là del tavolo lei era sempre la stessa. Per anni è rimasta come una di quelle bambole di legno che stanno una dentro l’altra, identiche in tutto eccetto che per le dimensioni.
O per lo meno io la vedevo così.
Andava sui pattini a rotelle, pattinava sul ghiaccio, giocava con i carrelli nei supermercati, faceva bolle di sapone e tanti disegni che attaccavamo al frigorifero. Divorava merendine, trangugiava ghiaccioli in un battibaleno e si svegliava presto la domenica mattina per guardare Davide e Golia alla televisione.
Non dormiva mai una notte intera, nè a dieci mesi, nè ai dieci anni. Quando era piccola si svegliava piangendo ed io la portavo nel mio letto. Quando era un po’ più grande si svegliava e trovava la strada da sola e al mattino me la trovavo sdraiata accanto a me.
Mi metteva dei bigliettini sotto il cuscino prima di andare a letto. Io le mettevo dei bigliettini nel sacchetto della merenda prima che uscisse per andare a scuola. Quando non ero in casa mi aspettava vicino al telefono. Io l’aspettavo alla fermata dell’autobus quando tornava da scuola.
La canzone, i biglietti, svegliarsi con lei al fianco, aspettare alla fermata dell’autobus… tutte queste cose sono finite tanto tempo fa. Adesso di sopra c’è una giovane donna, un’adulta. E’ da un po’ che stava crescendo. Tutti lo avevano notato… eccetto me.
Oggi, una settimana prima della laurea, guardo orgogliosa la persona che è diventata. Ma sono anche così triste… non per lei, ma per me. In questa casa c’è stata una bambina per venticinque anni.
Ora la bambina è cresciuta. Ma nonostante quello che mi dicono gli altri, cose del tipo “Vedrai che non li perdi”, “Se ne vanno, ma tornano sempre”, “Vedrai che apprezzerai un po’ di pace e di silenzio”, “la prossima parte della vita è la migliore”… so che quello che verrà dopo non sarà mai come quello che è stato.
Io amavo quello che era stato. Amavo vederla arrivare traballante nel mio ufficio e mettere la sua macchina da scrivere giocattolo vicino alla mia. Amavo guardarla correre giù per il corridoio dell’asilo per volare tra le mie braccia dopo una separazione di appena due ore e mezzo. Amavo portarla a comprare gli adesivi, andare al cinema con lei o a fare delle passeggiate. Adoravo accompagnarla in auto a fare ginnastica e ascoltare i suoi amici. Amavo essere la persona da cui correva quando era felice o spaventata. Amavo essere al centro del suo mondo.
“Mamma, vieni a giocare con me”.
“Mamma, sono tornata”.
“Mamma, ti voglio il bene più grande e più largo”.
Cosa rimpiazzerà queste cose adesso?
“Vuoi vedere il mio mantello?” mi chiede facendo capolino nel mio ufficio. Lo tiene in alto, appoggiato sulle braccia. E’ felice e io sono felice per lei. Mi bacia sulla guancia e mi dice: “Ti voglio bene, mamma” e poi se ne va di sopra.
Mi siedo alla scrivania e nonostante mi si spezzi il cuore, sorrido. Penso al grande privilegio che è essere madre e a quanto sono fortunata.

Beverly Beckham

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