Una ex monaca di clausura racconta la vita monastica tra omosessualità e stupri a cielo aperto

Una ex monaca di clausura racconta la vita monastica tra omosessualità e stupri a cielo aperto
Una ex monaca di clausura racconta la vita monastica tra omosessualità e stupri a cielo aperto

Una ex monaca di clausura racconta la vita monastica tra omosessualità e stupri a cielo aperto

Suor Angela entra in monastero a vent’anni e racconta un periodo di dolore, di segregazione e frustrazione: la vita di convento.

E’ tornata alla laicità e racconta la sua esperienza al Fatto quotidiano. Lascia il fidanzato per seguire la vocazione: un amore incondizionato per la preghiera e la vita comunitaria e diventa monaca di clausura.

E subito le prime, amare disillusioni, l’ambiente monastico assomiglia più ad una caserma “La consuetudine prevedeva che la posta in uscita fosse consegnata aperta alla superiora, che la poteva così facilmente ispezionare. La posta in entrata veniva invece consegnata chiusa a ogni monaca, ma era abitudine di tutte noi chiedere alla superiora se volesse leggere quello che vi era scritto. La mia richiesta di usare la posta elettronica destabilizzava quel sistema. Le altre monache ripetevano con terrore: ma così la posta non è più controllata! Alla fine cedettero e mi fu permesso di usare l’email”.

Prevista anche la libera uscita per motivi di studio, ma la condizione posta dalla badessa è agghiacciante”Ci puoi andare, Angela, ma a patto che tu prima vada in psicoterapia, perché non si tratta di un desiderio normale”.

In quel monastero friulano tra le monache si instauravano rapporti anche molto intimi “Mi sono mancati –racconta l’ex suora- gli uomini e tra le sorelle si instaurava molto spesso una forma di dipendenza affettiva ai limiti della morbosità”.

Omosessualità latente o coatta? “Nel mondo cattolico – commenta – l’avversione per l’omosessualità è ancora fortissima. In particolare per quella femminile, pensata come una forma di gravissimo tradimento dell’amore per Cristo e quindi di negazione della vocazione”.

E infine i preti,

che hanno il compito di formare le monache, sono una delle note dolenti: “Mi si spezza il cuore a dirlo ma certe omelie sono stupri a cielo aperto, recitate da persone che non si preparano, che non sanno cosa dire, che riempiono i venti minuti dell’omelia di parole vaghe. E noi donne, spesso più colte e preparate di loro, dobbiamo ascoltare i pazzi di turno, senza neanche poter uscire”.

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